lunedì 27 febbraio 2012

Letture Febbraio 2012

DANIEL ALARCON
Guerra a Lume di Candela*


José Carlos rovesciò il posacenere con un movimento goffo del braccio: tremava violentemente. Fernando si mosse rapido per spazzare la cenere nella sua mano.
"Mi hanno sparato, Negro! Mi hanno ucciso!" José Carlos scese con la mano sul tavolo, picchiandola forte. "Mi hanno sparato a salve! Hanno giocato a uccidermi!"
"Poi mi hanno trascinato di nuovo nello spogliatoio. Puzzavo del mio piscio e della mia merda. I miei amici mi reggevano. Qualcuno mi ha tirato addosso dell'acqua. Sei vivo, mi dicevano, ma io non gli credevo. Non ti ha toccato nessuna pallottola, dicevano, ma io sapevo che le avevo sentite. Ho passato tre giorni morto, Fernando. Tre giorni...
José Carlos aveva la voce sottile e fumosa. "E' quello che faranno a voi."
"E cosa possiamo farci Perucho?" Fernando gli prese la mano e gliela strinse. "Sei a casa. Siamo vivi."
José Carlos scosse la testa e tossendo forte spense la sigaretta. "E' semplice, Negro. Vince sempre chi è armato."

* Tratto da Daniel Alarcon - Guerra a lume di candela. Terre di Mezzo Editore. Vincitore del Whiting Writers' Award

domenica 26 febbraio 2012

Letture Febbraio 2012

BANANA YOSHIMOTO
L'Ultima Amante di Hachiko*

Ci fu una mattina in cui mi disse:
"Hai presente quei tassisti, quelli a cui i clienti vomitano sempre in macchina?"
"No, perché? Esistono?" risposi io ridendo.
"Ti giuro esistono eccome. Me ne parlava tempo fa proprio uno di loro. E non sò perché, è un periodo che continua a tornarmi in mente la sua storia incredibile."
"Ma davvero ci sono tassisti del genere?"
"Quando gli vomitano in macchina, poi per quel giorno non possono più lavorare perché l'odore impregna l'abitacolo."
"Cosa!?!"
"Mi diceva il tassista che ad alcuni di loro, sfortunatissimi, succede sempre. E che lui riesce a capire quali sono i clienti che vomiteranno."
"Gli ubriachi, no? Ma perché li fa salire in macchina, allora? Non è che magari continua a pensare allo schifo che ha provato quando gli è successo e ne ha semplicemente ingigantito il ricordo?"
"Certo sarà anche così. Ma mi ha detto che è addirittura famoso tra i suoi colleghi. Gli è successo così tante volte che hanno incominciato a sospettare che fosse lui stesso a farlo. Gli hanno detto di andarsi a fare vedere all'ospedale. La verita, invece, è che persino tra i peggiori ubriachi che prendono il taxi, ce ne sono tanti che non vomitano. A lui, però, succede regolarmente, tutte le volte che dentro di sé prega che non succeda. Ha cercato di evitare il giro dei quartieri dei locali, ma gli è andata male lo stesso. Una volta a Okusawa, nel quartiere di Setagaya, passava per una via buia di una zona residenziale. Hacaricato uno e questo si è sentito male e gli ha vomitato su tutto il sedile anche se non aveva bevuto una goccia di vino."
"Incredibile!"
"Ci pensavo in questi giorni, sai. Lui è proprio il tipo che ti dà l'impressione di essere molto depresso, uno che effettivamente ti fa venire voglia di vomitargli nel taxi. Con lui davanti, più ti sforzi di non farlo, più stai male e ti vengono i conati. Figurati che anch'io, mentre mi raccontava tutte quelle storie con la sua faccia triste, ho cominciato a sentirmi poco bene. Ma a parte questo credo, che sia tutto un segno del destino, un messaggio perché smetta di guidare il taxi. Forse è sempre giù di morale proprio perché non è portato per il lavoro che fa, e dentro di sé spera che qualcuno gli vomiti in macchina, così per quel giorno ha finito di lavorare. Oppure è una cosa che lo ossessiona al punto tale che inconsciamente la provoca lui stesso. Insomma, è un destino in qui si intrecciano milioni di fattori."

*Tratto da Banana Yoshimoto - L'ultima amante di Hachiko. Edizione Universale Economica Feltrinelli

venerdì 10 febbraio 2012

Tratto dal Racconto IL MATRIMONIO di Leonetti Mario

Carrie si svegliò di scatto e irruppe nel silenzio che la notte portò nella sua casa in città. Era madida di sudore, non certo per il caldo visto che il mese d’Ottobre è un mese pre-invernale, era sudore freddo. Paura. 
I suoi sogni erano carichi di odio e paura, i suoi pensieri pieni di dubbi e rimorsi. Tutto ciò le creava un certo disagio: pensate a quanto ci vuole per addormentarsi quando si ha la mente piena di tanta merda, ed una volta che si è riusciti a immergersi nei meandri del sonno, i sogni che tiri fuori da quella testolina meccanicamente razionale ed al contempo involontariamente irrazionale, siano dei veri e propri incubi infernali paragonabili ad un’apocalisse celebrale.
Non è semplicemente un brutto sogno e basta, è qualcosa di più. Carrie lo sapeva bene. Conosceva le sue sensazioni, il suo stato d’animo. Non stava affatto bene…
“Carrie, stai bene, è stato solo un brutto sogno; forse a causa dei troppi zuccheri assunti oggi oppure a causa dello stress da lavoro”, pensò la giovane donna, che, ancora trentenne, non si curava delle piccole rughe che incominciavano a solcare il suo volto bianco e delicato. I suoi occhi azzurri erano un regalo di sua madre; l’unica cosa, insieme a una foto ed una vecchia Bibbia che le erano rimaste di lei.
Poco importava… Carrie non era attaccata a sentimentalismi familiari, proprio perché una famiglia non l’ha mai avuta. Sua madre morì durante il parto, il padre invece era un marine in pensione con problemi d’alcol. Aveva sicuramente visto l’inferno a Nha Trang e ne era rimasto talmente scioccato che, ritornato dal Vietnam, scoprì che sarebbe stato più divertente attaccarsi ad una bottiglia che crescere una figlia. In un certo senso con sua figlia ci si divertiva ogni tanto, ma non stò qui a raccontare come…
“Devo smetterla di fare questi sogni…”
Si alzò dal letto a due piazze ancora caldo e si diresse verso il soggiorno. Camminava sempre scalza in casa sua… Il contatto con la moquette le dava sempre un senso di piacere ai piedi, forse perché da piccola adorava scorrazzare a nudi piedi sul grande prato dietro la fattoria dei nonni (i suoi nuovi genitori dopo che il padre fu denunciato per molestie) che si trovava nel grande stato del Texas.
Adorava il clima del sud, gli odori, la cucina l’accento del sud. Dopo il diploma era stata con alcune amiche in viaggio nel Mississipi o giù di lì, vivendo un esperienza unica fatta di vita all’aria aperta ed a contatto con la natura. La decisione di partire gli era venuta subito dopo aver visto il film “Into the Wild” e aveva deciso di voler emulare le imprese e la vita di Christopher Mccandless, certo non il finale del film (visto che alla fine della storia, dopo aver raggiunto l’Alaska e dopo tanto girovagare il protagonista muore), dove si sà che quella frase, “the end”, alla fine di un film, indica che da lì a breve ti passeranno davanti agli occhi i titoli di coda con quella lunga sfilza di nomi che scorrono di solito su uno sfondo nero, ma per Carrie la storia era solo all’inizio e solo lei poteva decidere come tutto sarebbe andato a finire.

(Ogni forma di testo, anche breve, è tutelata dalla normativa sul diritto d'autore e non può essere copiata, riprodotta (anche in altri formati o su supporti diversi), né tantomeno è possibile appropriarsi della sua paternità).

sabato 4 febbraio 2012

Piccoli Gandhi Crescono… di Leonetti Mario


Piccoli Gandhi Crescono…*

Lo spirito del Mahatma Gandhi, padre della nazione indiana e leader dei diritti civili, rivive anche nelle nuove generazioni del Paese. Gandhi è da sempre considerato un modello da seguire ed emulare e, a distanza di 61 anni dalla sua tragica morte, circa 500 bambini hanno voluto omaggiare il loro leader spirituale con una passeggiata di pace tenutasi a Calcutta ribattezzata “Rise up”.
I bambini, dall’età compresa fra i 10 ed i 16 anni, hanno partecipato tutti insieme alla manifestazione imitando il Mahatma nel modo di camminare e nel modo di vestire: i “piccoli Gandhi” indossavano cappellini color carne, occhiali rotondi, baffetti grigi, il khadi ovvero il tipico abito bianco e reggevano tra le mani un bastone di bambù.
L’evento, dapprima partito in sordina, ha riscosso un grande successo suscitando l’attenzione dei mass media internazionali. Il motivo di tale attenzione è dovuto dal fatto che, in questa occasione, è stato battuto anche un Guinnes World Record: il maggior numero di bambini vestiti da Gandhi; record detenuto in precedenza da una scolaresca indiana formata da 200 bambini.
Leonetti Mario


* E' possibile trovare questo articolo anche su http://www.lenews.eu/