“Se hai fame… mangia!”.
Questo è il motto della famiglia D.D. nel caso si presenti il bisogno di mettere qualche cosa sotto i denti; la fame, di fatto, è una necessità primaria dell’uomo, che cerca di reprimere istintivamente ingurgitando qualsiasi cosa di commestibile gli capiti a tiro.
Poniamo che nella preistoria un individuo avesse avuto fame… Semplicemente esso sarebbe uscito dalla caverna e, munito di clava, si sarebbe apprestato a cacciare il suo pasto quotidiano.
La nostra storia, al contrario, si svolge in un’epoca familiare al lettore e quindi, si deduce che in caso d’imminente fame per prima cosa un individuo inizi a cercare dentro al frigorifero, la dispensa, gli scaffali, i mobili, qualcosa da mangiare.
Purtroppo il signor D. non sapeva cucinare, non aveva nessuno con sé che potesse aiutarlo nelle mansioni culinarie e, cosa più importante di tutte, non aveva viveri in casa!
Nemmeno un uovo, un pezzo di pane, una mezza galletta, del passato di pomodoro nella sua cucina.
Sapeva inoltre che scendere in cantina sarebbe stato un viaggio inutile, dato che, lì sotto, non metteva piede da almeno quaranta anni e sicuramente non avrebbe trovato niente di “commestibile” da divorare.
La fame incominciava a farsi sentire… Continui spasmi allo stomaco, nausea, debolezza, giramenti di testa. Era come se il suo corpo lo implorasse di trovare una soluzione. D. non aveva una grande intelligenza, la sua pigrizia inoltre lo rendeva ancora più apatico e incapace di risolvere problemi in poco tempo.
Era anche avverso alla tecnologia moderna… La televisione, il telefono, il computer, il rasoio elettrico, erano per lui aggeggi infernali, buoni solamente a far rumore ed a controllare gli individui.
D. era un tipo all’antica. Persino l’invenzione della corrente elettrica gli sembrava troppo tecnologica rispetto ai suoi standard di vita.
La casa che occupava risaliva all’ottocento. Era un luogo spazioso, ben illuminato e soprattutto silenzioso.
Dall’abitazione non si udivano nemmeno le macchine passare, in quanto era costruita su una collinetta, quasi fosse isolata dal resto della città. Alcune volte neppure la gente faceva caso a quella grande casa che all’apparenza sembrava abbandonata a se stessa.
Erano ormai le nove di sera e la fame era diventata insostenibile.
“Ora svengo!”, penso D. che a furia di camminare avanti ed indietro per la stanza, stava consumando pian piano le ultime energie che gli erano rimaste.
Ad un certo punto, in uno dei rari scatti di lucidità ed ingegno tipici della famiglia D.D., D. pensò di prendere il telefono impolverato a causa del suo scarso utilizzo, nel salotto, e di chiamare una pizzeria che consegnava l’ordinazione del cliente a domicilio.
Prese l’elenco del telefono ed incominciò a cercare il numero da chiamare.
“Uhm… Cercare una pizzeria in città non è facile” pensò…“In tutto saranno una trentina fra pizzerie, pub e rosticcerie”.
Ad un certo punto l’occhio gli cadde su una pizzeria vicina a casa sua…
“PIZZA PAZZA PER I PAZZI DELLA PIZZA!
VERA PIZZA NAPOLETANA CONSEGNA A DOMICILIO!”
“Perfetto!” pensò. “E’ proprio quello che mi ci vuole in questo momento… Se non riesco a mettere nulla sotto i denti, sono certo che tra un po’ mi verranno le allucinazioni e forse potrei anche morire!”
Compose il numero di telefono in tutta fretta ed attese una risposta dall’altro capo del ricevitore.
“Pronto? Qui pizzeria Pizza pazza per i Pazzi della Pizza, in cosa possiamo esservi utile?”
“Salve vorrei ordinare una pizza” rispose con spirito di rinata speranza D.
“Bene signore; come vuole che facciamo questa pizza?”
“Ehm…” D. ebbe un istante di panico. Il signore della pizzeria aspettava una risposta e preso in un attimo di confusione, le parole gli uscirono spontaneamente di bocca: “Una pizza con il salame!” esordì D.
“Salame dolce o piccante?” insistette il signore della pizzeria.
“Piccante, Grazie”.
“Bene. Per che ora vuole che le mandi il fattorino per la consegna?”
“Prima è meglio è!” rispose sinceramente D., essendo divenuto insopportabile il bisogno di nutrirsi.
“Potete lasciarmi un recapito?”
“Abito nella vecchia casa sulla collinetta qua dietro, al numero 23.” Disse con sicurezza D.
“Bene. Provvederò immediatamente signore! Grazie per averci chiamato.” Con questo tipico ringraziamento commerciale, il signore della pizzeria concluse la telefonata.
“Finalmente ce l’ho fatta!” gridò D. in un attimo di inaspettata euforia. “La mia cena sta per arrivare! E non vedo l’ora di metterla sotto i denti” continuò febbricitante.
D. si distese sul divano in attesa dell’arrivo del fattorino e sottovoce incominciò ad intonare le note di una vecchia canzone…